Sarcofaghi

  • Dove se ne vanno le ricciute donzelle
    che recano le colme anfore su le spalle
    ed hanno il fermo passo sì leggero;
    e in fondo uno sbocco di valle
    invano attende le belle
    cui adombra una pergola di vigna
    e i grappoli ne pendono oscillando.
    Il sole che va in alto,
    le intraviste pendici
    non han tinte: nel blando
    minuto la natura fulminata
    atteggia le felici
    sue creature, madre non matrigna,
    in levità di forme
    Mondo che dorme o mondo che si gloria
    d’immutata esistenza, chi può dire?,
    uomo che passi, e tu dagli
    il meglio ramicello del tuo orto.
    Poi segui: in questa valle
    non è vicenda di buio e di luce.
    Lungi di qui la tua via ti conduce,
    non c’è asilo per te, sei troppo morto:
    seguita il giro delle tue stelle.
    E dunque addio, infanti ricciutelle,
    portate le colme anfore su le spalle.

    Ora sia il tuo passo
    più cauto: a un tiro di sasso
    di qui ti si prepara
    una più rara scena.
    La porta corrosa d’un tempietto
    è rinchiusa per sempre.
    Una grande luce è diffusa
    sull’erbosa soglia.
    E qui dove peste umane
    non suoneranno, o fittizia doglia,
    vigila steso al suolo un magro cane.
    Mai più si muoverà
    in quest’ora che s’indovina afosa.
    Sopra il tetto s’affaccia
    una nuvola grandiosa.

    Il fuoco che scoppietta
    nel caminetto verdeggia
    e un’aria oscura grava
    sopra un mondo indeciso. Un vecchio stanco
    dorme accanto a un alare
    il sonno dell’abbandonato.
    In questa luce abissale
    che finge il bronzo, non ti svegliare
    addormentato! E tu camminante
    procedi piano; ma prima
    un ramo aggiungi alla fiamma
    del focolare e una pigna
    matura alla cesta gettata
    nel canto: ne cadono a terra
    le provvigioni serbate
    pel viaggio finale.

    Ma dove cercare la tomba
    dell’amica fedele e dell’amante;
    quella del mendicante e del fanciullo;
    dove trovare un asilo
    per codesti che accolgono la brace
    dell’originale fiammata;
    oh da un segnale di pace lieve come un trastullo
    l’urna ne sia effigiata!
    Lascia la taciturna folla di pietra
    per le derelitte lastre
    ch’ànno talora inciso
    il simbolo che più turba
    poiché il pianto ed il riso
    parimenti ne sgorgano, gemelli.
    Lo guarda il triste artiere che al lavoro si reca
    e già gli batte ai polsi una volontà cieca.
    Tra quelle cerca un fregio primordiale
    che sappia pel ricordo che ne avanza
    trarre l’anima rude
    per vie di dolci esigli:
    un nulla, un girasole che si schiude
    ed intorno una danza di conigli…

Condividi: